RELAZIONE DELL'AVVOCATO GENERALE DELLA REPUBBLICA, LUCIANO DI NOTO,
DELLA CORTE D'APPELLO DI GENOVA
PER L'INAUGURAZIONE DELL'ANNO GIUDIZIARIO 2002

12 gennaio 2002

Sommario

Saluto

Signor Presidente, signori della Corte,

prima di dare inizio alla relazione sull'amministrazione della giustizia nel Distretto, per il periodo 1 luglio 2000 - 30 giugno 2001, sento di dover rivolgere un deferente saluto al Capo dello Stato, Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, rappresentante ed interprete della Unità nazionale, vigile custode della Costituzione, fermo e sicuro garante dell'indipendenza e dell'autonomia dell'Ordine giudiziario.

Saluto con cordialità il Presidente ed il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Genova, i rappresentanti del Consiglio Superiore della Magistratura e del Ministero della Giustizia.

Un cordiale saluto al rappresentante dell'Associazione Nazionale Magistrati della sezione Liguria ed a quanti hanno chiesto di intervenire in questa Assemblea Generale.

Ringrazio, anche a nome dei magistrati del Distretto, sicuro di interpretarne il comune sentimento, Sua Eminenza il Cardinale Arcivescovo Dionigi Tettamanzi, che onora questa Assemblea con la Sua presenza.

Un sentito ringraziamento ed un cordiale saluto ai Parlamentari, ai Presidenti e membri della Giunta e del Consiglio Regionale e Provinciale, ai Prefetti di Genova, di Imperia, di Savona, di La Spezia e di Massa, al Sindaco di Genova e ai Sindaci degli altri nostri Comuni, a tutte le Autorità civili, militari e religiose; al decano del Corpo Consolare; ai rappresentanti delle forze politiche, economiche, e sociali; al Magnifico Rettore della nostra Università, alle personalità del mondo accademico, della cultura, dell'arte e della scienza; alle gentili signore ed ai signori la cui presenza attesta il comune interesse anche per quest'aspetto della vita pubblica.

Un cordiale saluto ai colleghi delle Magistrature amministrative e della Magistratura militare. Un vivo ringraziamento per l'impegno profuso nel loro lavoro, ai colleghi del Consiglio giudiziario, ai capi degli Uffici giudiziari e a tutti i colleghi della magistratura ordinaria, giudicante e requirente, ai componenti privati del Tribunale per i minorenni e del Tribunale di Sorveglianza, ai Giudici di Pace, ai magistrati onorari, al personale amministrativo ed ausiliario di tutti gli Uffici giudiziari del Distretto.

Ringrazio e cordialmente saluto l'Avvocatura dello Stato, i Consigli dell'Ordine degli Avvocati, le Camere Penali e Civili, gli avvocati del libero foro e le loro organizzazioni associative.

Un cordiale saluto ai rappresentanti della Stampa.

Un ringraziamento alle Forze dell'Ordine e a tutti coloro che svolgono funzioni di polizia giudiziaria nel Distretto, per l'impegno svolto con abnegazione e spirito di sacrificio.

Nel rispetto della tradizione di questa Assemblea Generale un momento di meditazione e di rimpianto va dedicato alla memoria di coloro che, appartenenti alla famiglia giudiziaria e forense, ci hanno lasciato per sempre.

Un affettuoso e grato saluto per la proficua attività svolta al servizio della Giustizia rivolgo poi ai colleghi e agli avvocati che per limiti di età hanno deposto la toga ed al personale amministrativo che ha lasciato il servizio.

Mi sia consentito infine rivolgere, da questo stesso banco dal quale si è levata lo scorso anno la sua autorevole voce, un cordiale e fervido saluto, anche a nome di tutti i magistrati del Distretto, al dott. Nicola Marvulli, chiamato a ricoprire il prestigioso incarico di Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione. Meritato riconoscimento ad un magistrato che ha qui esercitato per molti anni funzioni requirenti e giudicanti, distinguendosi per la profonda cultura, l'estremo equilibrio, il rigore morale, la grande umanità, la ferma dedizione al dovere anche in momenti particolarmente difficili.

In ragione del tempo a me concesso mi limiterò a leggere una sintesi della relazione scritta, rinviando al successivo dibattito l'eventuale analisi dei singoli temi trattati e la valutazione dei dati contenuti nelle tabelle allegate pervenutimi dai diversi uffici.

 

L'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA NEL DISTRETTO
- CONSIDERAZIONI GENERALI

1.1. L'amministrazione della Giustizia nel Distretto, anche per il periodo 1° luglio 2000 - 30 giugno 2001, presenta aspetti positivi ma certamente non del tutto soddisfacenti.

Al dato positivo della diminuzione delle pendenze, sia civili che penali, si contrappone, infatti, quello negativo della eccessiva lentezza delle decisioni che si traduce a sua volta, nella maggior parte dei casi, in una vera e propria denegata giustizia, in uno sterile esercizio della funzione giurisdizionale, non sufficientemente idoneo ad assicurare la civile convivenza, il rispetto della legalità, il ripristino dell'ordine giuridico violato.

L'impegno costantemente profuso dai magistrati e dal personale di ogni Ufficio giudiziario del Distretto è messo, infatti, a dura prova dalla rigidità di un sistema che si dimostra inidoneo ad adeguarsi con prontezza alle mutevoli esigenze di lavoro, anche a quelle che non sarebbero del tutto imprevedibili. Per non parlare, poi, dei c.d. mali endemici che, seppure enunciati e ribaditi con monotona cadenza in occasione di ognuna di queste Assemblee, continuano, tuttavia, ad affliggere il servizio giustizia. In particolare: l'omessa tempestiva copertura dei posti vacanti; il mancato adeguamento degli organici al carico di lavoro gravante sui singoli Uffici; la diffusa carenza di adeguate strutture operative; la mancata creazione dell'ufficio del giudice e l'istituzione delle relative figure professionali di supporto; la mancata revisione delle sedi giudiziarie. Si aggiunga a ciò: la mancata attuazione di quanto disposto con legge del 13 febbraio 2001, n. 48, in tema di sostituzione dei magistrati assenti dal servizio; il formalismo eccessivo e la farraginosità delle procedure; le frequenti e spesso asistematiche modifiche apportate al sistema processuale; il continuo mutare dell'ordinamento giuridico che impone un affannoso e non sempre adeguato adattamento. E a quest'ultimo proposito è da notare che, nel periodo in esame, nel solo settore penale, si sono succeduti ben 22 provvedimenti normativi, tra leggi, decreti legislativi, decreti leggi e decreti ministeriali, che hanno inciso profondamente sull'ordinamento; che in meno di due anni, circa 200 articoli del codice di procedura penale, su un articolato di 746, sono stati interessati, alcuni più volte , da nuove leggi.

Non si può non sottolineare che la situazione degli organici continua ad essere gravemente deficitaria. Sono, infatti, vacanti: il 6,8% di magistrati togati, il 43% di Giudici di Pace, il 15% di Giudici Onorari Aggregati, il 69% di Giudici Onorari di Tribunale, il 50% di Vice Procuratori Onorari.

In particolare l'organico del Tribunale di Genova è addirittura inferiore a quello risultante dalla somma dei giudici del "vecchio" tribunale e di quelli della pretura.

Aggiungasi che problemi di ardua soluzione, con conseguenti rallentamenti nella definizione dei processi, si sono venuti a creare, soprattutto per gli uffici con organico minore, a seguito delle ripetute pronunce della Corte Costituzionale in materia di incompatibilità del giudice.

Molto gravi anche le carenze di personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie, specie quelle relative alle figure dell'area B2 e B3, ai contabili, formatori, esperti informatici.

L'attività giudiziaria svolta continua ad essere, pertanto, inadeguata ad uno Stato di diritto, poiché non in grado di soddisfare in tempi rapidi e comunque ragionevoli le fondamentali esigenze della società, come sancito dall'art. 6, comma 1, della Convenzione dei Diritti dell'Uomo, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e ratificata con legge 4 agosto 1955, n. 848, e dall'art.111, comma 1, della Costituzione.

Né tale negativa realtà può ritenersi rimossa per effetto delle recenti riforme, non essendo state le stesse sostenute da un'adeguata quanto necessaria riorganizzazione degli uffici giudiziari.

L'entrata in vigore della legge sull'equa riparazione (24 marzo 2001, n. 89) se ridurrà il ricorso alla Corte Europea, fonte di tante condanne per lo Stato italiano, mette a sua volta impietosamente a nudo, attraverso la quantità dei ricorsi già presentati, la gravità e la intollerabilità del fenomeno della lunghezza del processo. Senza contare che la gestione di un così grande numero di ricorsi che si è riversato sulle corti di appello viene a costituire un nuovo carico di lavoro da definire per legge in tempi brevissimi (quattro mesi) con l'inevitabile conseguenza di rallentare ulteriormente i tempi di decisione dei processi "ordinari" già pendenti.

Tutto ciò dico non già per intenti polemici o per pretese dottrinarie bensì semplicemente per segnalare le condizioni in cui quotidianamente gli uffici si trovano a operare e che obiettivamente sono la causa maggiore di quei disagi e di quei ritardi costantemente a noi addebitati nel rispondere alla domanda di giustizia.

1.2. In particolare per quanto concerne la giustizia civile, la nuova disciplina della materia cautelare e la possibilità di reclamo anche avverso i provvedimenti negativi hanno aggravato notevolmente il relativo carico di lavoro.

La sequenza delle udienze nella prima fase del processo impone poi un necessario e non sempre utile allungamento dei tempi di trattazione delle cause, comprese quelle di minore complessità.

La moltiplicazione di termini per memorie e repliche appesantisce il giudizio e lo allontana dal modello che vorrebbe privilegiare: una trattazione orale, agile e concentrata nel tempo.

La generalizzata previsione dell'interrogatorio libero delle parti, inoltre, può incidere negativamente sulla data di fissazione dell'udienza ai sensi dell'art. 183 cod. proc. civ.

L'udienza di prima comparizione in pratica si è trasformata in "udienza di smistamento". Infatti serve spesso solo a verificare la costituzione delle parti ed a concordare la data della prima udienza di trattazione la cui fissazione è, a sua volta, condizionata negativamente dal carico di lavoro del giudice dovendo egli, in vista di tale udienza, esaminare attentamente gli atti per poter svolgere l'attività prevista dall'art. 183, 3° comma, cod. proc. civ. ed interrogare liberamente le parti sugli aspetti rilevanti della causa. Ma lo studio approfondito degli atti è possibile solo per un limitato numero di cause per udienza sicché il numero delle prime udienze di trattazione trova un limite insuperabile negli altri impegni del giudice. Senza considerare poi che nell'udienza prevista dall'art. 183, 3° comma, cod. proc. civ. la natura della controversia o la qualità dei soggetti possono di fatto rendere sostanzialmente inutile l'interrogatorio libero delle parti ed il tentativo di conciliazione.

L'eliminazione delle udienze di mero rinvio ed il regime delle preclusioni in primo grado pertanto non si sono dimostrati del tutto efficaci per ridurre sensibilmente i tempi per giungere alla decisione. Il carico di lavoro gravante sui magistrati è tale, infatti, da determinare un notevole rallentamento dei tempi occorrenti per la definizione delle cause, dovendosi tenere conto, nel trattenere le cause per la decisione, anche del tempo necessario per redigere i relativi provvedimenti.

In riferimento poi agli strumenti processuali previsti dagli artt. 185, 186-bis, 186-ter e 186 quater cod. proc. civ., tutti gli Uffici giudiziari del Distretto hanno riconosciuto che essi sono applicati di rado, sicché i risultati che conseguono risultano del tutto irrilevanti.

La trattazione collegiale dell'appello civile, con l'impossibilità di delegare ad un consigliere l'assunzione delle prove, determina, inevitabilmente, come già sottolineato dalla relazione dello scorso anno, un considerevole appesantimento del lavoro e dei tempi di durata del processo, tenuto conto che se di norma, in base al novellato art. 345 c.p.c., non sono ammessi nuovi mezzi di prova, spesso vengono riproposte in appello prove già dedotte e non ammesse dai giudici di prima istanza.

Positivo, invece, è il fatto che, secondo il nuovo rito, nel giudizio di appello i provvedimenti in tema di ammissione delle prove, ove non dipendano dalla soluzione di questioni aventi carattere pregiudiziale, vengono assunti alla prima o, al più, alla seconda udienza. Si riducono così i tempi del processo non essendo più necessario attendere l'assegnazione della causa a sentenza per avere una decisione relativa alle prove, con conseguente rimessione delle parti per l'espletamento delle stesse davanti al consigliere istruttore, né risultando più necessario - dopo l'adempimento istruttorio - di rimettersi in coda per una nuova assegnazione a sentenza. Anche se ciò rende più gravoso il lavoro per la Corte, poiché chiamata ad anticipare, agli inizi del giudizio di appello, una valutazione della causa che prima si effettuava in sede di decisione finale.

E non pochi sono gli inconvenienti che derivano dalle frequenti richieste di sospensione dell'efficacia esecutiva delle sentenze appellate, dovendo anche qui la Corte procedere ad un anticipato esame degli atti di causa, prima di pronunciarsi in merito.

1.3. Relativamente alla giustizia penale gli Uffici requirenti sono unanimi nel segnalare l'avvenuto allungamento dei tempi di definizione dei procedimenti, segnatamente nella fase che era stata concepita come la più snella, l'indagine preliminare, e ciò a causa di tutta una serie di adempimenti che talvolta risultano espressione di un garantismo solo formale.

Inconvenienti derivano anche dall'apparente inarrestabile trasformazione dell'incidente probatorio e dell'udienza preliminare in veri e propri "mini dibattimenti", di fatto lunghi e complessi, che non elidono e neppure attenuano il ricorso al giudizio ordinario in misura concretamente significativa.

L'avviso di conclusione delle indagini preliminari, il nuovo ruolo dell'udienza preliminare e la limitazione alla definibilità con decreto penale dei procedimenti per reati perseguibili a querela nolente il querelante, introdotti dalla nuova normativa, si sono rivelati altrettante remore che si vanno ad aggiungere ai già troppo lunghi tempi della giustizia penale.

Per altro verso, l'istituzione del giudice unico di primo grado ha certamente razionalizzato l'impiego dei magistrati e reso più semplice la relativa procedura; nel contempo ha tuttavia evidenziato la necessità di un aumento dei pubblici ministeri e del personale addetto alla verbalizzazione, in conseguenza dell'aumentato numero delle udienze.

La concentrazione, inoltre, nella sola persona del giudice monocratico della stragrande maggioranza dei reati, ove non sorretta da adeguate risorse, umane e materiali, finirà per contribuire al rallentamento nella definizione dei processi, soprattutto quelli più gravi.

Seri problemi, in termini di produttività, crea, inoltre, la direttiva contenuta nelle tabelle in vigore, secondo la quale ciascun giudice delle sezioni penali deve poter svolgere contemporaneamente funzioni collegiali e monocratiche. Non è facile, infatti, nella pratica, conciliare gli impegni per le funzioni monocratiche con quelli per le funzioni collegiali. Ne conseguono disfunzioni che si ripercuotono sul rendimento dei giudici monocratici, essendo evidente che in caso di rinvio di un processo attribuito alla competenza di un giudice collegiale, le nuove udienze verranno fissate secondo le esigenze del calendario del collegio, con conseguente scapito delle esigenze del calendario di ogni singolo giudice monocratico componente il collegio; o, all'opposto con dilatazione dei tempi del processo, non potendosi riunire il collegio con giudici anche impegnati nel monocratico.

L'udienza preliminare, anche per i procedimenti di competenza del Tribunale in composizione monocratica, non appare, peraltro, funzionale ad una celere amministrazione della giustizia. Essa è del tutto inutile, nella maggior parte dei casi, poiché solo di rado non viene disposto il rinvio a giudizio dell'imputato.

Anche i processi cumulativi per delitti di criminalità organizzata – i c.d. maxiprocessi - incidono negativamente sui tempi delle decisioni a causa dei problemi cui danno luogo specie sul piano della organizzazione del lavoro, in considerazione del numero considerevole degli imputati. Sono, infatti, frequenti le stasi dovute ad impedimenti di imputati o difensori ovvero alle contestazioni suppletive. Questi eventi, pur riguardando spesso singoli imputati, riverberano i loro effetti sull'intero processo. Ciò rende necessaria la separazione dei giudizi, la quale crea a sua volta gravi inconvenienti, specie sull'organizzazione del lavoro, per effetto delle incompatibilità che colpiscono i giudici che l'hanno disposta. Senza considerare poi il tempo occorrente per l'acquisizione della prova in dibattimento, il numero delle udienze che essa richiede, i complessi problemi che la stessa comporta.

Questi processi, inoltre, in caso di impugnazione, pervengono al giudice del gravame con notevole ritardo in ragione degli adempimenti successivi alla decisione, al punto che l'esito può svanire nel nulla a causa del maturare del tempo di prescrizione del reato.

Sicché potrebbe dirsi ormai sostanzialmente vanificato l'obiettivo che ci si proponeva di raggiungere con il nuovo codice di rito, vale a dire la "massima semplificazione nello svolgimento del processo, con eliminazione di ogni atto o attività non essenziale", così come enunciato nell'art. 2, n. 1, della legge di Delega al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale (16 febbraio 1987, n. 81).

D'altra parte l'arretrato che si è via via stratificato negli Uffici, requirenti e giudicanti, ove non venga prontamente ricondotto entro limiti fisiologici, è tale da condizionare, a sua volta, in maniera negativa qualsivoglia riforma possa essere predisposta.

Né sembra poi risolutiva "nella sostanza" l'attribuzione di competenza penale al giudice di pace, considerato che le funzioni di pubblico ministero continuano ad essere svolte per una parte non trascurabile dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale, tanto che l'impegno di quest'ultimo risulta tutt'altro che meno gravoso.

1.4. In questa situazione complessa e difficile è semplicistico quindi anche se doveroso richiedere con insistenza la pronta copertura di tutti i posti vacanti in organico, primi tra tutti quelli relativi al personale amministrativo.

Tanto meno basta sollecitare un aumento degli organici di tutti gli uffici giudiziari del Distretto, per rendere gli stessi adeguati agli effettivi carichi di lavoro.

Quelle invocate, infatti, sono misure assolutamente necessarie per arginare la disfunzione del sistema giustizia, ma non sono di per sé sufficienti per restituirgli la tanto auspicata efficienza.

Non possiamo peraltro ignorare che la crisi della giustizia, la scarsa funzionalità del sistema, altro non sono che uno degli aspetti, forse il più appariscente, della crisi di valori che travaglia da tempo la nostra società. Esse traggono sicuro alimento dalla più volte denunciata, ma mai risolta, "questione morale", dalla scarsa efficienza in cui versa la pubblica amministrazione. Il ritenere che la sempre più crescente domanda di giustizia possa essere risolta solo in via giudiziaria attraverso l'aumento degli organici è meramente illusorio. Occorre invece agire proprio sui flussi di lavoro sì da restituire all'amministrazione della giustizia il ruolo che le è proprio. L'abbandono delle regole tecniche che governano la scienza della legislazione, la natura frequentemente compromissoria delle scelte parlamentari rispetto agli interessi in gioco, il sostanziale venir meno del sistema dei controlli amministrativi oltre ad avere dilatato a dismisura la domanda di giustizia, ha spinto la stessa a riparare sotto il tetto della giurisdizione, specie quella penale, che in un ordinato assetto dello Stato, fondato sulla divisione dei poteri, dovrebbe avere, invece, carattere residuale ed occuparsi delle singole patologie conseguenti al mancato rispetto delle regole penalmente sanzionate.

Ciò ha determinato un sovraccarico giudiziario, una sovraesposizione della magistratura, specie di quella requirente cui compete per legge l'esercizio dell'azione penale, a causa dell'eccesso di aspettativa da parte dei cittadini, aspettativa che l'istituzione giudiziaria, per limiti suoi propri, non è in grado di soddisfare. Sicché è facile passare dalla delusione per l'insoddisfatta giustizia alla sfiducia nei confronti dell'istituzione.

Per rendere l'amministrazione della giustizia efficiente ed in sintonia con i parametri dei Paesi dell'Unione Europea occorre quindi spezzare la spirale nella quale ci si è via via avvitati, uscire dalla logica dell'emergenza, restituire al diritto processuale il carattere di strumento per giungere in tempi ragionevoli ad una decisione di merito ed al sistema penale il carattere che gli è proprio, vale a dire l'estremo rimedio cui fare ricorso per tutelare i beni ed i valori essenziali per un ordinato vivere civile.

Strettamente collegata a questa è l'ulteriore esigenza che una volta accertata la responsabilità, per evidenti ragioni, segua in maniera certa e puntuale la pena. In parole povere non serve a nessuno che l'accertamento di un reato si trascini per anni e per vari procedimenti sia pure con notevole dispendio di risorse senza arrivare poi ad una conclusione sostanziale oppure se raggiunta quest'ultima, la pena minacciata si dissolva.

Non è certamente questo il luogo opportuno per discutere della "bontà" della pena detentiva e del sistema carcerario. Sono ben noti del resto i problemi che esistono al riguardo. Ma questo è quanto abbiamo a disposizione, in attesa che il legislatore predisponga altri rimedi ritenuti più efficaci per contrastare e punire chi commette reati.

Si deve anche annotare che l'esigenza di giustizia non può ritenersi soddisfatta solo con la celebrazione dei grandi processi. Il cittadino comune, che è il maggior fruitore del servizio, ha bisogno di essere rassicurato che chi l'ha truffato, l'ha derubato, l' ha aggredito, ha violato i suoi diritti, sia processato ed abbia "quel che si merita" e che i suoi diritti violati siano reintegrati.

Come pure occorre ribadire che una giustizia che arrivi in ritardo, con estremo ritardo, non è più utile, non serve a nessuno, neppure al condannato.

1.5. Un segno positivo di cambiamento è costituito dall'impegno dell' Amministrazione nella c.d. "formazione".

Presso il distretto di Genova è stata attivata, fin dal maggio 1994, la Scuola di formazione del personale che ha realizzato interventi formativi indirizzati a tutto il personale e dal 1998 si sono inoltre succedute iniziative a valenza distrettuale, coordinate da due formatori, dirette al personale neoassunto, sull'entrata in vigore del giudice unico, sul sistema informatico REGE, sull'introduzione della moneta europea.

Su recente iniziativa del C.S.M., sono stati, inoltre, individuati due magistrati referenti per la formazione e l'aggiornamento, sempre in sede distrettuale, dei magistrati attività, che si affianca a quella già svolta in campo nazionale.

Il consenso del personale nei confronti di questi interventi e le richieste, avanzate da più parti, di un maggiore impegno in questo settore, dimostrano quanto elevato sia il fabbisogno formativo da un lato e dall'altro quanto evidente sia il disagio che le carenze prima illustrate determinano nel personale amministrativo e nella magistratura.

Lodevole quindi lo sforzo compiuto dal Ministero e dal C.S.M. anche se purtroppo l'impegno di queste attività di formazione finisca con il gravare su uffici e su personale già saturi di lavoro.

 

LA GIUSTIZIA PENALE

I procedimenti sopravvenuti negli uffici di Procura del Distretto sono stati complessivamente 148.465.

Ne sono stati definiti 164.237; risultano pendenti 120.010 procedimenti - 15.775 in meno rispetto all'anno precedente – dei quali 75.025 a carico di persone note e 32.935 a carico di ignoti.

Questa tendenza positiva, tuttavia, non deve indurre ad un facile ottimismo, rilevante essendo e di non facile e pronta definizione il numero dei procedimenti tuttora pendenti. Significativo poi è il fatto che ben 7.190 sono stati i procedimenti la cui prescrizione è maturata in fase di indagini preliminari. Segno evidente della estrema difficoltà in cui si trovano ad operare gli Uffici di Procura a causa degli organici per nulla adeguati ai flussi di lavoro. Il dato, tuttavia, deve essere seguito nel tempo risentendo, allo stato attuale, delle modifiche procedurali ed ordinamentali introdotte con la novella istitutiva del giudice unico di primo grado, considerato l'enorme numero dei procedimenti di competenza ex pretorile affluiti negli uffici di Procura, neppure approdati alle pur minime indagini preliminari.

La notevole quantità di lavoro delle Procure ha avuto dirette ripercussioni sugli altri Uffici giudiziari, in particolare su quello dei giudici preposti alle indagini.

L'esame dei dati statistici conferma il disarmonico rapporto esistente tra gli organici degli Uffici requirenti e giudicanti , in particolare tra quelli delle singole Procure ed il numero dei GIP.

Sensibile e generalizzato è, infatti, presso gli Uffici GIP l'aumento delle pendenze dei procedimenti: da 36.969 a 50.632.

Preoccupante l'aumento registrato negli Uffici di Genova e di San Remo dove le pendenze hanno raggiunto rispettivamente il ragguardevole numero di 21.347 e 11.433 rispetto a 15.444 e 5.948 dell'anno precedente.

Considerevolmente aumentata anche l'attività degli Uffici G.I.P., con riferimento sia alle convalide di fermi o arresti, che agli incidenti probatori ed ai provvedimenti in tema di libertà personale. Le ordinanze di convalida del fermo o dell'arresto, sono aumentate da 1.331 dell'anno precedente alle attuali 1.480.

Decisamente aumentati anche i provvedimenti su misure cautelari personali e reali; quelli sulle misure personali sono stati 2.564 rispetto ai 1.973 dell'anno precedente; quelli sulle misure reali sono stati 646 rispetto ai 229 dello scorso anno.

E' diminuito, invece, il numero delle udienze di convalida e camerali.

Sono diminuite anche, da 74 alle attuali 44, le pendenze in tema di misure cautelari personali presso la sezione per il riesame del Tribunale genovese .

Notevole invece l'aumento delle udienze dei GUP, passate dal 1.770 a 2.667.

In sensibile aumento il numero delle sentenze complessivamente emesse: 1.891, rispetto alle 1.819 dell'anno precedente. Pressoché stazionarie, invece, le decisioni a seguito di giudizio abbreviato e quelle di applicazione della pena su richiesta.

In aumento - da 4.118 a 6.366 - i procedimenti pendenti dinanzi ai tribunali in composizione monocratica, nonostante l'impegno profuso nella definizione degli stessi.

I procedimenti penali definiti sono stati 10.139 ; di questi: 478 nelle forme del giudizio abbreviato, e 2.124 con l'applicazione della pena su richiesta delle parti. In un numero, quindi maggiore rispetto all'anno precedente ove i processi definiti furono 8.299, di cui 405 nelle forme del giudizio abbreviato e 677 con applicazione della pena su richiesta delle parti.

Le sentenze a seguito di giudizio ordinario sono state 4.706 con un incremento del 17% , rispetto al periodo precedente; sono diminuite invece del 20% le sentenze di applicazione della pena su richiesta, passate da 1.672 nel periodo precedente alle attuali 1.339; mentre modesto, rispetto alle aspettative, è l'aumento dei giudizi abbreviati in sede di giudizio ordinario.

Notevole è l'aumento delle sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti pronunciate in sede di giudizio direttissimo. Esse rappresentano l'87,64% delle decisioni di merito

Sono aumentati anche i giudizi abbreviati in sede di giudizio direttissimo.

Sensibile anche l'aumento delle sentenze pronunciate a seguito di giudizio immediato; in diminuzione invece le sentenze di applicazione della pena su richiesta.

I giudizi immediati a seguito di opposizione a decreto penale sono diminuiti del 58,88%, essendo stati 51, rispetto ai 124 nel periodo precedente, oltre a 180 applicazioni della pena su richiesta.

Notevole, invece, la diminuzione - da 2.247 a 1.071 - dei procedimenti penali pendenti dinanzi al Tribunale collegiale.

I procedimenti definiti sono stati 1.717 - circa il triplo della sopravvenienza - anche se circa la metà di essi - 990 - risultano essere stati definiti con sentenza dichiarativa di estinzione del reato per prescrizione (321) o per ragioni non di merito.

In forte diminuzione sono state le sentenze pronunciate a seguito di giudizio ordinario e quelle di applicazione della pena su richiesta – 54 rispetto alle 271 del periodo precedente.

Pressoché stazionario il numero dei giudizi abbreviati in sede di giudizio ordinario.

Di scarso rilievo i movimenti riguardanti il numero delle sentenze di applicazione della pena su richiesta in sede di giudizio direttissimo, di quelle a seguito di giudizio immediato e di applicazione della pena su richiesta.

Relativamente agli effetti pratici dei procedimenti speciali, si rileva che le richieste di decreto penale ed i giudizi direttissimi hanno subito un significativo incremento, mentre il giudizio immediato ed il patteggiamento hanno segnato una flessione. Sostanzialmente deludente rimane, pertanto, il numero dei procedimenti definiti con l'applicazione della pena su richiesta delle parti.

Si deve poi segnalare che il rito speciale di cui all'art. 444 c.p.p. viene adottato quasi esclusivamente nei casi di applicazione della pena con beneficio della sospensione condizionale nei confronti di imputati detenuti, che conseguentemente ottengono una immediata liberazione.

Né tale situazione sembra sostanzialmente modificata dalla recente normativa di cui alla legge 5 giugno 2000, n. 114, che ha solo relativamente migliorato l'utilizzo dei c.d. riti alternativi.

Sono pervenuti al Tribunale in composizione monocratica e collegiale, rispettivamente 1 e 5 procedimenti, con oltre 30 imputati.

Presso il Tribunale di Massa Carrara sono sopravvenute, nel periodo in esame, 9 richieste e sono stati emessi 15 decreti di applicazione di misure di prevenzione riferiti a persone non appartenenti alla criminalità di tipo mafioso.

Decisamente migliorata la situazione delle sezioni penali della Corte di Appello che hanno diminuito notevolmente le pendenze: da 9.183 alle attuali 6.337.

In particolare in Corte di Appello , comprese la Corte di Assise di Appello e la Sezione per i minorenni, sono stati esauriti 3.024 procedimenti con il rito camerale (il 30,61% in più rispetto al periodo precedente) e 2.563 con il rito ordinario, (con un aumento del 16,82% rispetto all'anno precedente).

Va tuttavia posto in rilievo che molti procedimenti pervengono in appello spesso ai limiti della prescrizione e questo spiega – specie con riferimento ai reati contravvenzionali – perché le prescrizioni siano notevolmente aumentate nel triennio: da 644, a 966 ed ora a 1.284.

Molto contenuto l'aumento dei procedimenti pendenti dinanzi alle Corti di Assise; più consistente, ma ben controllabile, quello relativo alla Corte di Assise di Appello. Fenomeno riconducibile all'estensione del giudizio abbreviato davanti al GUP per i delitti più gravi, sottratti di fatto alla Corte di Assise ma non, in caso di impugnazione, alla Corte di Assise di appello.

Notevole, tenuto conto dell'esiguità del personale in organico, anche il lavoro svolto dalla Procura Generale. Per dare qualche indicazione: passate per il visto ben 22.661 tra sentenze ed ordinanze; proposte 390 impugnazioni; espressi 4.214 pareri su pratiche varie, in tema di libertà, di corpi di reato, ed altro; formulate 408 richieste in materia di estradizione, rogatorie, liberazioni condizionali; emessi 524 ordini di esecuzione e 134 provvedimenti di unificazione di pene concorrenti; 561 le partecipazioni alle udienze; oltre ad altri numerosi provvedimenti di varia natura.

In materia di indagini difensive la normativa non risulta essere stata ancora assimilata del tutto dalla gran parte degli avvocati. Tra gli inconvenienti più prevedibili è segnalato quello della maggiore caratterizzazione del pubblico ministero come "avvocato accusatore" che da un lato ne snatura il ruolo, dall'altro rischia di accentuare il divario difensivo fra più o meno abbienti.

In materia di difesa di ufficio, a seguito della legge 6 marzo 2001, n. 60, si sono verificati enormi inconvenienti soprattutto per quanto riguarda l'applicazione del comma 3 dell' art. 97 c.p.p., stante la mancata attivazione nel periodo in oggetto presso il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati del Distretto della Corte di Appello di Genova del previsto ufficio centralizzato, con la fissazione dei criteri per la nomina dei difensori sulla base di competenze specifiche.

Quanto all'assunzione e valutazione delle prove le relazioni qui pervenute non sono univoche.

A Genova non si sono registrati effetti significativi in dipendenza dell'entrata in vigore delle nuove norme, mentre un appesantimento dei processi viene segnalato dai Presidenti dei Tribunali di La Spezia e di Imperia.

Fortemente negativi sono invece i giudizi espressi dagli Uffici requirenti

Le modifiche apportate all'art. 111 della Costituzione dalla legge costituzionale 23 novembre 1999 n 2 e dalla legge 1 marzo 2001, n. 63, infatti, anche se appaiono conformi a principi di garanzia non contestabili, talvolta hanno determinato l'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal coimputato o dall'imputato in procedimento connesso, esaminato su fatto altrui ovvero delle dichiarazioni rese da persone informate sui fatti rifiutatisi poi di rispondere, sicché resta sempre aperto il dibattito mai sopito fra aspirazioni di "giustizia" da un lato ed esigenze di tutela del cittadino dall'altro.

Relativamente agli effetti dei provvedimenti di depenalizzazione gli stessi hanno inciso in misura modesta, valutabile intorno al 10%, sul numero delle notizie per reati comuni, peraltro le più semplici da trattare.

Decisamente significativa ed apprezzabile sul piano della diminuita attività di indagine è stata, invece, la depenalizzazione per i reati tributari, anche se fermo è rimasto il maggior impegno investigativo a causa dei compiti estimativi assegnati al magistrato sia sull'ammontare dell'imposta evasa, sia su quello complessivo degli elementi attivi e passivi fittizi.

Pienamente soddisfacente è l'attività della polizia giudiziaria che ha sempre fornito la più ampia disponibilità e collaborazione eseguendo, in genere, con tempestività le disposizioni e le direttive degli Uffici; difficoltà sono tuttavia insorte allorché si è chiesto alle diverse forze di Polizia di scambiarsi informazioni e di svolgere indagini in stretta collaborazione, in relazione a fatti di particolare gravità.

Le strutture di supporto con particolare riguardo allo stato di informatizzazione degli Uffici non sono state ancora interamente completate.

La mancata realizzazione del cablaggio del Palazzo di Giustizia di Genova ha rappresentato un ostacolo allo svolgimento ottimale delle relative attività. La Procura della Repubblica di Genova ha cercato di colmare la lacuna dotandosi di segmenti di cablaggio provvisorio per i vari settori, così mitigando nell'ambito di un Ufficio predisposto alla informatizzazione, gli inevitabili disservizi in assenza di una rete.

Le vicende legate al "Vertice G8" hanno evidenziato inoltre l'esigenza di automatizzare le indagini preliminari specie quando il materiale probatorio oltre ad essere particolarmente copioso, è costituito da filmati ed immagini.

E' indispensabile poi che vengano potenziati i collegamenti di tipo informatico tra uffici, giudiziari e non, con particolare riguardo all'interscambio di dati conoscibili tra Procura e Tribunale ed alla trasmissione via telematica delle notizie di reato. Particolare attenzione deve essere posta dall'Amministrazione sull'addestramento del personale al corretto utilizzo dei programmi di registrazione e rilevazione dei dati, senza di che si vanifica una esatta conoscenza delle necessità e delle produttività dei singoli uffici e quindi la premessa a ogni utile intervento correttivo di tipo organizzativo.

Disagi si avvertono anche in tema di edilizia giudiziaria, non essendo stati, la maggior parte dei Palazzi di Giustizia predisposti fin dalla loro costruzione ad accogliere tutte quelle risorse umane e materiali di cui oggi sono dotate, basti pensare ad es. quali e quanti spazi ha richiesto e richiede la informatizzazione degli Uffici, lo svolgimento delle attività dei GIP e dei GUP, l'unificazione delle Procure.

 

LE MANIFESTAZIONI PIU' RILEVANTI DELLA CRIMINALITA' NEL DISTRETTO

1.1 La criminalità minorile è lievemente diminuita : le denunce sopravvenute nel periodo in esame sono passate, infatti, da 2.218 a 2.048; un incremento si è registrato, invece, nel numero degli arresti in flagranza: 121, rispetto ai 112 dell'anno precedente.

Due sono state le denunce per tentato omicidio.

Una diminuzione notevole si è registrata in ordine alle denunce per violazioni alla legge sugli stupefacenti (D.P.R. 309/90): da 167 dell'anno precedente a 153 dell'anno in esame.

Anche i reati contro il patrimonio hanno subito una sensibile flessione : 570 rispetto ai 735 dell'anno precedente.

Le denunce di rapine sono diminuite del 25% essendo state 40 a fronte delle 53 dell'anno precedente.

Con particolare riferimento ai reati contro il patrimonio crescente è il numero dei minori infraquattordicenni che vengono utilizzati da adulti per l'esecuzione di tali reati. In tale specifico settore si è accertato che è pressoché stazionario il numero delle iscrizioni relative ai minori italiani e nomadi (italiani 51%, nomadi 16%), mentre in aumento, dal 27% al 33%, è quello relativo ai minori extracomunitari. Il fenomeno si spiega con il fatto che nei confronti di questi ultimi non sono praticabili le misure cautelari consentite dalla vigente normativa. Altrettanto dicasi per l'applicazione di tutte le sanzioni sostitutive, non essendo possibile, nella maggior parte dei casi, stabilire un credibile progetto di socializzazione: spesso, di tali minori, si ignora l'identità personale e, quindi, la provenienza, ed anche quando tale identità è certa, si constata che trattasi perlopiù di nomadi che vivono in alcune comunità per le quali il delitto rappresenta il mezzo privilegiato al quale fare ricorso per la stessa sopravvivenza del gruppo, sicché spesso si assiste, impotenti, alla loro fuga dalle costituite comunità di accoglienza.

Le denunce di reati di violenza sessuale ( art. 609 bis e segg. c.p.) sono state 15.

In leggera flessione le denunce a carico di minori extracomunitari per i reati di cui all'art. 6 del T.U. delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione clandestina (D. L.vo 1998/286) : 322 rispetto a 335 dell'anno precedente.

Per quanto attiene la violenza giovanile, le denunce per i reati di lesioni volontarie gravi e gravissime e/o con armi hanno subito un apprezzabile aumento: 37 rispetto alle 26 dell'anno precedente

Non risultano casi di minori coinvolti nella criminalità organizzata.

Occorre precisare che una buona parte dei procedimenti si è esaurita all'udienza preliminare, con formule che consentono l'uscita del minore dal circuito penale (messa alla prova, perdono giudiziale, proscioglimento per immaturità).

Un percorso estremamente difficoltoso è invece quello legato alla fase dibattimentale che impone spesso rinvii per l'assenza di testi.

A tale fase pervengono e colpevoli di reati più gravi e recidivi e, soprattutto, nomadi dediti al borseggio ed al furto in appartamento, e mahagrebini, imputati di atti di violenza, furti e spaccio di stupefacenti. Tali processi si svolgono a distanza di tempo dai fatti per l'irreperibilità degli imputati, nella loro contumacia e nei confronti di persone di cui neppure sono note le esatte generalità.

Una maggiore speditezza potrebbe raggiungersi attribuendo al giudice dell'udienza preliminare la competenza ad infliggere pene detentive, ad esempio entro i due anni di reclusione e facendo ampio ricorso ai procedimenti direttissimi.

Il dato relativo alla dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione è negativo.

Le procedure di esecuzione sono aumentate del 26%, essendo state 127 rispetto alle 94 dell'anno precedente.

Per 107 di esse vi è stato decreto di sospensione dell'esecuzione della pena detentiva, ai sensi dell'art. 656, 5 comma, cod. proc. pen.

Le procedure esecutive concernenti i condannati nomadi sono state 97; quelle riguardanti i condannati extracomunitari 17; quelle relative a condannati italiani, 13.

Un aumento si registra nelle procedure relative a sanzioni sostitutive della pena detentiva (15 rispetto alle 10 dell'anno precedente).

Infine, quanto ai minori stranieri non accompagnati ed in particolare a quelli di età, anche di molto inferiore ai 14 anni, ove essi commettano ripetuti reati, non siano disponibili al rispetto delle regole della società e fuggano dalla Comunità di accoglienza, si reputa doveroso che vengano segnalati al Comitato per il rimpatrio assistito, a norma degli artt. 5, 6, e 7, D.P.R. n. 535/99.

2.1. Passando alla criminalità degli adulti e con riferimento ai delitti di carattere terroristico è segnalata presso la Procura della Repubblica di La Spezia la pendenza, in fase di indagini preliminari, di un procedimento a carico di cittadini extracomunitari.

2.2 Quanto alle attività delle associazioni di tipo mafioso risulta confermato l'insediamento di associazioni criminose che, per origine (siciliana e calabrese), per collegamenti persistenti con le aggregazioni di stampo mafioso esistenti nelle regioni di origine e per modalità operative, caratterizzate dal ricorso all'intimidazione, alla violenza ed anche all'omicidio, presentano caratteristiche tipiche dell'associazione di tipo mafioso.

Particolarmente significativi in tal senso sono stati nel corso dell'anno i procedimenti nei confronti dell'articolazione, radicata in Genova, del "clan Madonia" facente capo ai fratelli Fiandaca ed Emmanuello: la sentenza 21 dicembre 2000 del G.U.P. di Genova ha affermato l'esistenza di una associazione di tipo mafioso, in particolare di una "decina", diretta emanazione di Cosa Nostra, dedita allo spaccio di sostanze stupefacenti ed al controllo del gioco d'azzardo in tutte le sue articolazioni.

E' tuttora in corso davanti al Tribunale di Genova il procedimento ( Agosto Filippo + 107) nei confronti di altri associati allo stesso "clan".

Altre indagini hanno consentito di verificare l'interessamento di gruppi di criminalità organizzata (di origine calabrese) per il "mercato" del gioco d'azzardo mediante apparecchiature elettroniche installate negli esercizi commerciali ed attraverso agenzie di scommesse apparentemente legali; il relativo procedimento (nei confronti di Macrì ed altri) inizierà prossimamente davanti al Tribunale.

In questo settore sono emersi anche collegamenti tra gruppi di criminalità organizzata di tipo mafioso ed imprese operanti nel settore del gioco e delle scommesse; è risultato, infatti, provato che le imprese - alcune aventi struttura societaria - proprietarie delle apparecchiature elettroniche (video-poker) da installare negli esercizi pubblici sono controllate o collegate a gruppi che gestiscono lo sfruttamento del gioco.

E' stata, infine, segnalata, la partecipazione di gruppi di criminalità organizzata (sotto forma di finanziamento) a società di gestione di scommesse legali.

Sul piano delle strategie criminali sembra delinearsi una linea di tendenza che induce le organizzazioni più forti sul territorio ad abbandonare o delegare ad altri gruppi criminali le attività più rischiose, come lo spaccio delle sostanze stupefacenti, investendo i profitti in attività, quali il gioco d'azzardo (clandestino e non) di forte resa economica e minimo rischio sotto il profilo della sanzione penale.

Tale linea di tendenza, troverebbe conferma nella progressiva ascesa, nei settori tradizionali dello spaccio di sostanze stupefacenti e dello sfruttamento della prostituzione, della criminalità di origine straniera, nord-africana, nigeriana ed albanese; in particolare lo spaccio di eroina al dettaglio, un tempo gestito nella zona del centro storico di Genova dalle famiglie siciliane, napoletane e calabresi, è affidato a stranieri extracomunitari e gli stessi canali di approvvigionamento appaiono il più delle volte gestiti direttamente da tali gruppi; mentre sul terreno dello sfruttamento della prostituzione, le criminalità nigeriana ed albanese appaiono svolgere un ruolo preponderante, dividendosi il territorio ed operando un controllo intimidatorio fortissimo sulle donne, provenienti dai paesi di origine e dall'area dell'est – europeo, quasi sempre introdotte clandestinamente in Italia e soggette a condizioni prossime alla schiavitù.

Nel ponente ligure sono tuttora operanti organizzazioni facenti capo a cosche della ‘ndrangheta; si segnalano in tale zona attività estorsive di tipo generalizzato quali il c.d."pizzo" nei confronti di commercianti ed esercenti ed attentati incendiari con utilizzo di esplosivi direttamente ricollegabili a tali attività.

Stabile è ormai il radicamento su quel territorio di esponenti di famiglie legate tradizionalmente alla ‘ndrangheta, attivi sia nei settori più tradizionali delle attività criminose (spaccio di sostanze stupefacenti ed usura) sia nel settore più strettamente finanziario.

La conformazione geografica, orografica e l'attitudine agro-turistica dell'estremo ponente fanno sì che il territorio venga sovente utilizzato da organizzazioni esterne come basi per lo "stoccaggio" ed il transito di armi, droga, titoli contraffatti o estorti o compendio di usura in vista del loro impiego nelle più ampie e favorevoli regioni del Centro-Nord o della vicina Francia.

La presenza di appartenenti alla ‘ndrangheta, attivi nel settore che attiene allo smaltimento dei rifiuti, è stata segnalata anche nel territorio del levante dove la malavita locale appare sempre più tendente ad assumere le caratteristiche della criminalità organizzata che opera a livello nazionale e i recenti provvedimenti legislativi ( v. ad es. legge n. 461/93) non sembrano potere arginare.

2.3 Quanto ai reati contro la pubblica amministrazione, il cui numero complessivo ammonta a 1650, i dati trasmessi dalle singole Procure non indicano una uniforme linea di tendenza.

Se da un lato è sensibile, in linea generale, la flessione del numero dei procedimenti per il reato di abuso di ufficio a causa della nuova formulazione della norma, dall'altro viene segnalato nei territori dei circondari dei Tribunali di Savona e di Massa un incremento notevole degli stessi, rispettivamente :da 100 a 341 – da 20 a 45:

I processi celebrati dinanzi al Tribunale di Genova sono stati 13 e hanno avuto ad oggetto fatti commessi prima del periodo di riferimento

2.4 In lieve ma pur sempre apprezzabile aumento sono le rapine, passate da 1122 a 1139, delle quali ben 959 consumate; di queste 586 in territorio del Tribunale di Genova e 134 in quello di Savona.

2.5 Pressoché costante è rimasto, invece, il numero (303) delle estorsioni, sia tentate che consumate, commesse anch'esse in prevalenza nei territori sopra indicati .

2.6 Gli omicidi volontari, sono sensibilmente diminuiti, da 17 a 9: 1 a Massa, 1 a La Spezia, 4 a Chiavari e 3 a Savona.

2.7 Persiste e si consolida la criminalità ascrivibile a cittadini stranieri (18.619 i reati commessi) considerata la diffusa presenza di clandestini provenienti prevalentemente da Nord Africa, America del Sud e Paesi dell'Est. Si affaccia anche l'immigrazione di cinesi, dediti per la gran parte ad attività lecite di commercio e ristorazione, anche se una condanna è stata pronunciata nei confronti di un guppo di essi per sequestro di persona a scopo di estorsione. Per gli altri gruppi è invece da segnalare la propensione a dedicarsi allo sfruttamento della prostituzione di donne connazionali ed al traffico di sostanze stupefacenti.

Si è registrato, in gran parte del distretto, un incremento dei reati contro il patrimonio, soprattutto borseggi e furti in appartamento e nei grandi magazzini, mentre è sempre alto il numero degli extracomunitari utilizzati per lo spaccio delle sostanze stupefacenti.

Trattasi di fenomeno criminale di forte allarme, mal tollerato dalla popolazione, sempre più mortificata dall'inadeguata, inefficiente difesa dei suoi beni, della sua intimità domestica.

Ad esso si sovrappone, accentuandone gli effetti negativi che ne discendono, l'estrema difficoltà con la quale è possibile giungere alla esatta identificazione degli autori degli illeciti.

Degno di nota è anche il fenomeno rilevato nell'imperiese relativo allo sfruttamento della manodopera , in cui sono coinvolti anche pubblici amministratori compiacenti, proclivi a dichiarare il falso e ad emettere false certificazioni di presenza a favore di immigrati clandestini, onde gestire o proteggere il c.d. mercato nero del lavoro.

Nell'estremo ponente ligure assume particolare rilievo il transito di veicoli di provenienza furtiva, con targhe e numeri di telaio alterati, verso la vicina Francia.

Ancor più recentemente e con caratteristiche di particolare gravità è stata rilevata una sempre crescente attività criminosa finalizzata a favorire l'introduzione nel territorio nazionale di minori stranieri, con il fine normalmente di un ricongiungimento non autorizzato con qualche familiare in Italia, soprattutto a Torino, ma con il pericolo che il fenomeno determini anche la presenza in Italia di minori privi di documenti, con nomi falsi e spesso anche abbandonati a sé stessi e oggetto di sfruttamento di lavoro minorile, quando non anche vittime del grave fenomeno della pedofilia.

Del tutto carente si dimostra la legislazione in materia di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari, il cui solo effetto in ambito penale, nonostante le modifiche apportate con il D. L.vo 113/99, sembra quello di avere moltiplicato a dismisura procedimenti esclusivamente "cartacei", quali quelli per la violazione prevista dall'art. 6, comma 3, della legge, che si risolvono spesso in un nulla di fatto proprio per la impossibilità di accertare l'esatta identità dei soggetti.

2.8 Forte incremento hanno avuto i reati di violenza sessuale e di abusi di tal genere sui minori.

Le denunce per violenza sessuale, sono state , in tutto, 339; quelle per pedofilia, 70.

Numerose le denunce presentate nei confronti di componenti della famiglia della vittima o di coloro che avevano compiti di vigilanza o di assistenza. Molte di esse, tuttavia, specie quelle fra genitori separati o separandi, si sono dimostrate del tutto infondate e sono state , pertanto, archiviate. In taluni casi si è dovuta constatare se non la calunnia la mistificazione e la strumentalizzazione dei fatti da parte delle stesse vittime.

Rilevante è anche la quantità di segnalazioni relative a violazioni delle norme sulla pornografia minorile, pedofilia e sfruttamento della prostituzione, con risultati deludenti dell'efficacia preventiva e repressiva della legge 15 febbraio 1996, n. 66 . Scontata la difficoltà di svolgere le relative indagini quando i reati in esame sono stati realizzati con i moderni mezzi telematici (Internet), non essendo ancora percepibili gli effetti positivi della recente legge 3 agosto 1998, n. 269, considerata la carenza di personale preparato e di adeguata struttura tecnologica.

Notevole è stato l'impegno investigativo diretto all'accertamento dei fatti , e alla individuazione degli autori, relativi alla produzione, scambio e collezione di immagini pornografiche raffiguranti soggetti minori.

2.9 Si è registrata invece una diminuzione dei procedimenti aventi ad oggetto il reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, pur essendo stato consistente il numero degli incidenti in ambito lavorativo.

Non ha avuto ancora effetti la recente normativa sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche introdotta con il D. L.vo 8 giugno 2001, n. 231, in attuazione della legge delega 29 settembre 2000, n. 300.

2.10 Per quanto riguarda i reati ambientali, è ancora in corso presso la Procura di Genova la complessa e delicata indagine relativa all'inquinamento atmosferico prodotto dallo stabilimento siderurgico di Genova-Cornigliano, che così grande interesse e preoccupazione ha destato nella popolazione locale e nelle autorità pubbliche centrali e amministrative locali. Va segnalata in proposito l'avvenuta conferma da parte della Suprema Corte di Cassazione del provvedimento di sequestro di parte di quello stabilimento emesso dal GIP del Tribunale di Genova su richiesta della locale Procura.

Nell'imperiese persistono episodi di inquinamento, soprattutto delle acque, strettamente collegati in taluni casi alle superstite attività industriali. Ma il fenomeno, almeno allo stato, non pare avere dimensioni allarmanti.

Sensibile è invece nel territorio di Savona l'incremento dei reati in materia di inquinamento del suolo (da 57 a 73) e di inquinamento delle acque (da 15 a 17); sono stati 44 i reati accertati in materia di inquinamento dell'aria.

Preoccupante nello spezzino il degrado sempre più marcato dei corsi d'acqua.

E a questo proposito è segnalata come controproducente la depenalizzazione operata dal legislatore in materia di scarichi di pubbliche fognature, nonché di insediamenti civili non recapitanti in pubbliche fognature. Aggiungasi che il problema dello smaltimento dei rifiuti pur nella farraginosità della legislazione relativa è spesso aggravato da carenze previsionali e organizzative da parte degli enti territoriali.

Va rimarcata la situazione in cui versano le cave di marmo e di lapidei nel territorio Apuano: le disposizioni in materia non risultano né idonee né sufficienti a contemperare le esigenze estrattive e commerciali con una effettiva tutela dell'ambiente e delle bellezze naturali.

2.11 Relativamente alle violazioni in materia edilizia ed urbanistica stazionario è in linea generale il numero delle relative denunce.

L'abusivismo edilizio risulta pur sempre diffuso specie nell'imperiese, nello spezzino e nel territorio di Massa, spesso incrementato dall'inerzia degli organi di sorveglianza; ma più spesso dal ricorso al noto artificio di richiedere ed ottenere concessioni a fini agricoli da sfruttare poi a scopo abitativo in attesa di una delle tante "sanatorie" o condoni. Ma si sono avuti pure episodi di tentativo di mutamento di destinazione a fini speculativi di ampie zone, soprattutto quelle collocate in località di noto pregio naturalistico e quindi commercialmente appetibili.

Una diminuzione si è registrata, invece, nel territorio di Savona dove i reati sono passati da 493 a 393, di cui 326 in materia edilizia.

2.12 Tra i delitti contro la pubblica incolumità sono maggiormente diffusi l'incendio doloso e l'incendio colposo.

Non risultano commessi reati mediante l'adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari, mentre modesto è il numero dei reati per violazioni della legge sugli alimenti e per il delitto di cui all'art. 444 c.p.

La Procura della Repubblica di San Remo sta procedendo in ordine al grave episodio relativo allo sversamento di circa 7000 litri di benzina durante il rifornimento di un distributore ESSO di Arma di Taggia, verificatosi nell'aprile 2001, con conseguente grave inquinamento delle falde acquifere dei Comuni di Riva Ligure e Santo Stefano al Mare, oltre a numerosi pozzi di proprietà privata.

2.13 Normale l'andamento dei reati societari e di bancarotta, mentre il fenomeno dell'usura si mantiene preoccupante, anche se la legge 7.03.96, n. 108 ha fornito adeguati mezzi di contrasto

Ancora è assai diffuso in talune zone del distretto, l'esercizio abusivo del credito.

2.14 Il numero dei processi di usura è stazionario e riguardano per lo più vicende di non allarmante significato.

2.15 Modesto è nel distretto il numero dei procedimenti per frodi comunitarie : 8 a Savona, 1 a Massa.

2.16 Quanto alla criminalità informatica alquanto diffusi ed in continuo incremento, sono i reati di "frode" per clonazione di telefoni cellulari, da collegarsi alla sempre più vasta e capillare diffusione di tali strumenti di comunicazione, i quali inoltre sono fatti oggetto, sempre più frequentemente, di furto vero e proprio.

A prescindere dalla sempre più frequente violazione dell'art. 12 del d.l. 3 maggio 1991, n. 143, convertito nella legge 5 luglio 1991, n. 197, violazione compiuta spesso con l'utilizzazione di raffinati strumenti elettronici, risulta vieppiù percettibile, specie nell'imperiese, anche il fenomeno delle illecite intromissioni nella "privacy", ovvero nella sfera di autonomia individuale operata con mezzi telematici collocati nella vicina Francia.

Merita menzione una complessa indagine svolta dalla Procura della Repubblica di San Remo, tramite il locale Commissariato di P.S. in collaborazione con la Polizia Postale di Verona, in materia di pedofilia asseritamente realizzata attraverso la pubblicizzazione e la vendita, via Internet, di fotografie pornografiche di minori degli anni 18.

 

ORGANIZZAZIONE E FUNZIONAMENTO DEGLI UFFICI DI ESECUZIONE DELLE PROCURE DELLA REPUBBLICA, DEI TRIBUNALI E DEGLI UFFICI DI SORVEGLIANZA

Per quanto riguarda l'organizzazione ed il funzionamento degli uffici di esecuzione operanti nel distretto non sono stati segnalati aspetti di rilevante novità rispetto a quanto evidenziato nella relazione dell'anno precedente.

Val la pena tuttavia sottolineare, oltre gli effetti positivi di alcune nuove norme (es. art. 656 cod. proc. pen.), la significativa razionalizzazione del relativo lavoro attuato dalla Procura di Genova : collegamento diretto con la S.C. per conoscere l'esito del ricorso ancor prima dell'arrivo dell'estratto esecutivo; immediata richiesta di revoca di sentenza ex art. 673 c.p.p. sulla base di una griglia predisposta; uso dello scanner per la formazione dei cumuli, etcc., che ha comportato uno snellimento ed una accentuata produttività.

Persiste il problema dell'assoluta inadeguatezza dell'organico utilizzabile in tale delicato settore e delle estreme difficoltà, già poste in rilievo nella relazione precedente, ad un frequente avvicendamento del personale in tali uffici.

Dai dati statistici acquisiti emerge un significativo incremento nel numero delle pratiche trattate.

I provvedimenti di cumulo di pene concorrenti sono stati 942 rispetto ai 592 dell'anno precedente; i provvedimenti di esecuzione di pene detentive sono stati 5.515, rispetto ai 5.158 dell'anno precedente; i provvedimenti emessi in esecuzione di pene pecuniarie sono stati 1.111 rispetto ai 324 dell'anno precedente . In lieve flessione, da 371 rispetto ai 502 dello scorso anno , i provvedimenti relativi ad altre misure di sicurezza o ad altre sanzioni sostitutive.

Un giudizio negativo deve, tuttavia, essere espresso ancora una volta per la persistente macchinosità dell'intera procedura esecutiva e per la continua accentuazione del deleterio dualismo che l'applicazione della legge 27 maggio 1998 n.165 ha finito per creare tra le due fasi di uno stesso procedimento: quella della cognizione nella quale il giudice determina la pena applicabile, e quella della esecuzione, nella quale altro giudice, a distanza di tempo, può modificare la pena detentiva inflitta, non solo nelle sue modalità esecutive, ma addirittura stabilendo, in concreto, una sua diversa e più limitata durata.

Per evitare i molteplici inconvenienti di tale sistema sarebbe, pertanto, auspicabile attribuire al giudice della cognizione il potere esclusivo di determinare la pena da eseguire, oppure riservare ad altro giudice tale autonomo potere, da esercitarsi immediatamente dopo la raggiunta irrevocabilità della sentenza di condanna.

Quanto all'attività svolta dal magistrato di sorveglianza, notevole è il suo incremento , essendosene accentuata la piena giurisdizionalizzazione.

In ordine ai permessi premio il numero delle domande esaminate, presentate negli uffici di sorveglianza di Genova e di Massa, sono state 1.834, quelle accolte sono state 876, le respinte 669, quelle dichiarate inammissibili 289. Rispetto allo scorso anno si è registrato un aumento delle domande, da 1.668 a 1.834, un aumento delle concessioni, da 680 a 876, una diminuzione dei rigetti, da 988 agli attuali 669.

Durante la fruizione del permesso si sono verificati due casi di evasione

Le impugnazioni proposte avverso le decisioni dei magistrati di sorveglianza di Genova relative ai permessi-premio sono state 73 (15 quelle proposte dal P.M., 58 dal detenuto). Delle impugnazioni proposte ne sono state accolte complessivamente 9 e respinte 58 (di quelle accolte, 2 erano state proposte dal P.M. e 7 dal detenuto). Aggiungo, per completezza sul punto, che al tribunale sono pervenute, nel periodo in esame, altre 50 impugnazioni riguardanti i permessi decisi dal magistrato di Massa.

Le impugnazioni complessivamente decise dal tribunale sono state, quindi, 123; 5 di esse sono state proposte dal P.M., 45 dal detenuto. Di tali impugnazioni ne sono state accolte 10, di queste solo 2 riguardavano le impugnazioni proposte dal P.M. e 8 quelle proposte dai detenuti.

Per quanto riguarda l'attività del Tribunale dì Sorveglianza sono diminuiti di 89, rispetto allo scorso anno, i procedimenti iscritti (7.723 contro 7.812), sono aumentati di 200 i provvedimenti emessi (8.215 contro 8.015). Dei 1.204 procedimenti pendenti alla data del 30.06.2001, soltanto 126 si riferivano all'anno 2000; gli altri riguardavano invece il primo semestre 2001 (al 30.06.00 la pendenza relativa all'anno precedente era di 180 ed è stata del tutto esaurita; è presumibile che lo stesso avvenga entro il dicembre per i residui procedimenti del 2001).

Non sono state concesse liberazioni condizionali essendo state respinte le 7 domande presentate.

I rinvii dell'esecuzione della pena sono stati concessi in 57 casi e respinti in 127 (rispettivamente 56 e 170 nel periodo precedente).

Le domande di misure alternative esaminate sono state 2.790 (rispetto alle 3.488 dell'anno precedente). Le domande accolte, con la concessione della pena alternativa richiesta o di altra pena alternativa, sono state complessivamente 922 (erano state 1.073 lo scorso anno), quelle respinte o dichiarate inammissibili sono state complessivamente 1.868 (erano state 2.415 lo scorso anno).Dal quadro riferito si rileva una diminuzione complessiva delle domande, dovuta in parte agli effetti della depenalizzazione, ed una conseguente diminuzione degli accoglimenti e dei rigetti, peraltro in percentuali diverse: la percentuale di accoglimento delle domande presentate è aumentata, passando dal 30,67% dello scorso anno al 33,05% del periodo in esame; la percentuale dei rigetti e delle inammissibilità è diminuita, passando dal 69,03% dello scorso anno al 66,95% del periodo in esame.

Nel numero complessivo delle pene alternative concesse, assume rilievo particolare la distinzione tra quelle relative a condannati-liberi e quelle relative a condannati-detenuti. Delle 922 pene alternative concesse nel periodo in esame, 554 riguardano condannati liberi, cioè persone alle quali la pena detentiva inflitta dal giudice è stata trasformata in pena diversa dal carcere, prima dell'inizio della esecuzione, e 368 riguarda condannati-detenuti, cioè persone alle quali la pena è stata trasformata in misura alternativa nel corso della detenzione.

Questi dati, confermando il trend dello scorso anno, rivelano la trasformazione del tribunale di sorveglianza da organo che interviene esclusivamente nel corso della esecuzione della pena ad organo che, pur mantenendo quel suo compito originario, interviene prevalentemente prima dell'inizio dell'esecuzione e viene così a costituire, con la determinazione della qualità della pena, l'ultimo anello del processo di cognizione. In sostanza, nella assoluta maggioranza dei casi di condanna a pena detentiva, e cioè in più dell'80% dei casi a livello nazionale secondo quanto si rileva dai dati ufficiali del Casellario giudiziale, l'esecutività della pena, che è attributo essenziale della irrevocabilità della sentenza, per effetto della legge Simeoni-Saraceni (27.05.98, n. 165), si è spostata in avanti, dall'ordine del P.M. alla decisione del tribunale di sorveglianza sul tipo di pena che il condannato deve effettivamente scontare.

L'esecutività della pena dipende quindi, in larga misura dal funzionamento del tribunale di sorveglianza.

Nel periodo in esame il numero dei condannati a pena detentiva per i quali è stata disposta la pena alternativa alla detenzione supera il numero di coloro che scontano la pena in carcere: infatti, al 30.6.2001 negli istituti del distretto risultavano detenute 1.035 persone condannate, ed alla stessa data oltre 1.258 persone condannate stavano scontando una pena alternativa a quella detentiva.

Ne discende che non si può parlare di effettività della pena detentiva perché quella inflitta non corrisponde più a quella da scontare in concreto. Ma le stesse pene alternative oggi hanno un evanescente contenuto, non sono realmente socializzanti, né soddisfano le esigenze avvertite dalle vittime dei reati, dalla collettività, e, talvolta, dallo stesso condannato, per cui la non effettività si estende alla pena in generale.

La mancata risposta dello Stato alla effettività della pena si coniuga con l'inadeguato sistema delle misure alternative, un'inadeguatezza che proprio perché trae la sua origine dal sistema normativo, si diffonde, in un crescendo inarrestabile, a livello applicativo e gestionale, con la inaccettabile conclusione che la fuga dal carcere, imposta da ragioni che trovano spesso la loro giustificazione soltanto nella permanente carenza di adeguate strutture, si traduce, in ultima analisi, in una vera e propria fuga dalla pena.

In proposito merita tuttavia di essere segnalata come nota positiva il consolidarsi dell'indirizzo giurisprudenziale in tema di affidamento in prova che lega la concessione del beneficio alla prescrizione diretta al condannato di svolgere attività riparatoria a favore della vittima del suo reato, estesa, in caso di impossibilità economica, ad una attività di pubblica utilità o a favore della collettività.

Concludendo, deve osservarsi che se nel distretto ligure l'esecuzione della pena si riesce a realizzare in tempi ragionevolmente contenuti (4 – 6 mesi), grazie all'eccezionale, encomiabile impegno di quanti sono preposti a tale delicato ed importante settore, resta pur sempre inaccettabile che l'esecuzione di una pena possa avere inizio non contestualmente al passaggio in giudicato di una sentenza di condanna e che la sanzione contenuta in quel giudicato non abbia, in concreto, l'autonoma, intrinseca capacità, di essere integralmente e prontamente eseguita.

 

SITUAZIONE DELLE CARCERI NEL DISTRETTO

Gli inconvenienti analiticamente rappresentati nelle relazioni degli anni precedenti persistono in tutta la loro oggettiva consistenza non essendo state eliminate le relative cause, prime fra tutte il sovraffollamento dei detenuti e la inadeguatezza degli organici sia dell'area educativa che di Polizia Penitenziaria.

Gli Istituti penitenziari, nonostante i lavori di ristrutturazione eseguiti, peraltro non ancora del tutto ultimati, si dimostrano insufficienti alla bisogna. Gli stessi, per la loro inadeguatezza, non consentono l'attuazione di un serio programma di risocializzazione. Il loro sovraffollamento crea a sua volta gravi e intollerabili inconvenienti, sia tra detenuti, che nei confronti del personale preposto alla loro custodia, rivelatosi fortemente insufficiente.

Per quanto concerne la Casa Circondariale di Genova "Marassi", dei lavori di ristrutturazione previsti per tutto l'istituto sono stati eseguiti quelli relativi alle sezioni detentive, non ancora quelli relativi al centro clinico, ai magazzini, agli alloggi di servizio ed agli uffici per il nucleo traduzioni.

Il numero dei detenuti è di oltre settecento, in condizioni di affollamento. Oltre la metà di essi è costituita da stranieri, parte dei quali con problemi di tossicodipendenza. Forte è la presenza di detenuti sieropositivi; diversi quelli affetti da AIDS.

Nel 2001 si è verificato un unico caso di suicidio.

Nella Casa Circondariale di Genova-Pontecedimo, i detenuti sono costituiti in massima parte da tossicodipendenti di giovane età bisognosi di cure psicologiche, nonché di cure mediche per i frequenti casi d'epatite B e C pregresse e numerosi casi di HIV+ in trattamento antiretrovirali. Non si è riscontrato alcun caso di TBC. Il servizio sanitario dell'istituto risulta efficiente e non ha dato luogo ad inconvenienti.

Non si sono verificati casi di suicidio, scarsi sono stati gli episodi di autolesionismo.

Con riferimento alle madri detenute assieme ai figli minori di tre anni, sono in corso procedure d'intesa con il Comune per l'inserimento in asili nido esterni dei bambini ospiti dell'istituto.

Il nuovo Istituto Circondariale di San Remo risulta ormai completato in tutte le sue strutture e funziona in modo regolare ed adeguato.

Particolarmente interessante e con molteplici aspetti positivi, è risultata la istituita "detenzione attenuata", effettuata con la collaborazione della locale ASL, che consente di assegnare alla stessa detenuti tossicodipendenti, risultati effettivamente disponibili per un piano di disintossicazione e di recupero, anche quale momento preliminare ad eventuali e successive assegnazioni da parte del Tribunale di Sorveglianza a comunità terapeutiche od altro.

Anche la Casa Circondariale Centrale di Imperia soffre di sovraffollamento. Le persistenti carenze strutturali hanno portato alla soppressione del braccio femminile. Ogni donna arrestata o fermata o comunque detenuta viene pertanto trasferita a Genova con inevitabili e costosi intralci allo spedito svolgersi dell'attività giudiziaria.

La media dei ristretti è di 92 detenuti circa, a fronte di una capienza normale che si aggira sulle 65 unità. Gli extracomunitari rappresentano il 40% circa della popolazione detenuta. Le affezioni più ricorrenti sono le broncopatie croniche ostruttive, congiuntiviti, otiti, gastroenteriti.

Rilevante e diffuso si presenta il disagio psichico ma, gli episodi di autolesionismo sono stati piuttosto contenuti, grazie anche all'impegno e alla professionalità del personale di area pedagogica, sanitaria e di Polizia Penitenziaria.

Insufficienti sono gli spazi sia per le attività all'aperto che al chiuso; l'Istituto per questo è privo di lavorazioni industriali.

Sono stati svolti corsi di istruzione di scuola media e di alfabetizzazione con buoni risultati; sono stati svolti, altresì corsi di formazione professionale con stage all'esterno utilizzando in proposito lo strumento dell'art. 21 legge penitenziaria.

Apprezzabile la collaborazione fornita dal Comune e dalla Provincia nella proposizione di iniziative finalizzate al reinserimento dei detenuti.

Il volontariato è presente in Istituto e svolge un'azione certamente meritoria.

La Casa Circondariale di Savona, nonostante i lavori eseguiti, rimane pur sempre una struttura obsoleta e fatiscente, nella quale gli spazi fisici sono molto esigui e sicuramente inadeguati alle esigenze funzionali richieste e previste dal dettato legislativo. Esso è costituito da due sezioni maschili:- una, situata al piano terra, ospita attualmente 12 detenuti semiliberi, 2 detenuti ex art. 21 e, in un'altra ala, 6 detenuti in isolamento per motivi di incolumità personale; - l'altra, la sezione ordinaria, con capienza massima tollerabile di 43 unità, accoglie mediamente 65/70 detenuti con punte massime di sovraffollamento durante l'estate che sfiorano le 90 unità (71 presenze si registravano alla data del 17 agosto). Questa situazione provoca inevitabili conseguenze che si ripercuotono negativamente sul piano igienico-sanitario e sul grado di "vivibilità". La struttura pone, altresì, problemi legati alla sicurezza esterna, a causa della mancanza di una intercinta.

Le patologie che si riscontrano con maggiore incidenza sono le epatiti di tipo B) e C), broncopatie cronico-ostruttive, patologie dermatologiche e disturbi odontalgici, patologie frequentemente associate alla tossicodipendenza.

I detenuti sieropositivi presenti in Istituto sono mediante da 3 a 5 e vengono seguiti da un infettivologo.

La Casa Circondariale di Chiavari soffre da sempre di carenza di spazi ed insufficienti sono anche i volumi delle camere detentive.

Nel corso dell'anno sono stati frequenti i superamenti della capienza tollerabile: 66 detenuti e 9 liberi. A ciò si è posto rimedio provvedendo ad allocare i detenuti in soprannumero nell' "aula corsi" sino al loro trasferimento per sfollamento disposto dal competente Provveditorato Regionale dell'Amministrazione Penitenziaria.

Le condizioni di salute dei detenuti sono state tenute tutte in debito e costante controllo.

La Casa Circondariale di La Spezia è sovraffollata e, secondo la locale ASL gran parte dei locali non hanno i requisiti di abitabilità e vivibilità, trattandosi di luoghi insalubri e non idonei a prevenire il diffondersi di malattie infettive e diffusive e lo sviluppo di focolai di infezione. Infatti, proprio a causa della insalubrità della struttura si sono recentemente verificati alcuni casi di scabbia. Alla data del 30 giugno 2001 nell'Istituto erano presenti 11 detenuti affetti da HIV conclamata.

Anche la Casa di reclusione di Massa continua a presentare una situazione di sovraffollamento della popolazione carceraria con un numero di 212 detenuti, alla data del 30 giugno 2001, a fronte di una capienza dell'edificio di 82 unità. Situazione questa che crea problemi di sicurezza, di carenza di spazi abitativi e di inadeguatezza del personale appartenente all'area educativa e psicologica, pur in presenza di una forte esigenza trattamentale attesa la tipologia dell'Istituto, essendo questo destinato all'espiazione di condanne definitive. Fra i detenuti 5 i casi di HIV positivi e 40 positivi per epatite C).

La Casa Mandamentale di Pontremoli registra la presenza di soli 5 detenuti a causa dei lavori di ristrutturazione attualmente in corso.

 

PRESCRIZIONI VERIFICATESI NEL DISTRETTO

I procedimenti conclusisi con dichiarazione di improcedibilità dell'azione penale per intervenuta prescrizione sono stati 3.804 secondo i dati contenuti nelle Tabelle che accompagnano le relazioni trasmesse dai singoli uffici a questa Procura Generale; di questi, 1.284 sono stati dichiarati prescritti dalle tre sezioni penali della Corte di Appello, nonostante siano stati adottati i criteri di priorità indicati dalla Presidenza.

Preoccupante è la situazione venutasi a creare negli Uffici di Genova e di Chiavari dove i procedimenti dichiarati prescritti sono stati rispettivamente 1730 e 1083.

 

NUMERO DEI PROVVEDIMENTI DI NON DOVERSI PROCEDERE E DI ARCHIVIAZIONE PER ESSERE RIMASTI IGNOTI GLI AUTORI DEL REATO

I procedimenti definiti dal GIP – GUP con decreto di archiviazione sono stati 98.397; di questi, 60.501 hanno riguardato reati commessi da ignoti.

Si tratta di una cifra alquanto elevata e va notato che la maggior parte di questi procedimenti concerne reati contro il patrimonio che pur non essendo tra quelli più gravi, comunque turbano notevolmente i cittadini. La frequenza con cui tali delitti vengono commessi e la diffusa convinzione che, tenuto conto delle oggettive difficoltà di accertamento da parte delle Forze dell'Ordine (impegnate anche in indagini per fatti ben più gravi), molto spesso questi fatti restano impuniti, possono ingenerare un senso di insicurezza tra i cittadini e forse indurre questi ultimi a nemmeno denunciare certi episodi "minori".

 

GIUSTIZIA CIVILE

La litigiosità si mantiene ancora elevata in tutto il Distretto nonostante sia diminuito da 60.073 alle attuali 55.041 il numero di cause di cognizione ordinaria pendenti presso i Tribunali, in esse comprese, rispettivamente, 16.023 e 12.085 cause trattate dalle Sezioni stralcio.

E' peggiorata, invece, la situazione delle Sezione civili della Corte di Appello poiché le pendenze sono passate da 3.503 a 4.108. Mentre è rimasto sostanzialmente invariato il numero delle sentenze emesse dalle Sezioni diverse da quella che si occupa della materia del lavoro e previdenziale. In lieve flessione sono anche le sentenze pubblicate a definizione di procedimenti contenziosi a cognizione ordinaria. Va tuttavia osservato che oltre la metà delle sentenze pubblicate (958 su 1.770) si riferisce a cause iscritte negli anni 2000 e 2001 e, quindi, definite in tempi assai brevi; 114 sentenze, addirittura, si riferiscono a procedimenti iscritti nel 2001 e, perciò, definiti in meno di 6 mesi.

In prospettiva è prevedibile un peggioramento della situazione attesa l'accresciuta produttività degli Uffici di primo grado.

Degno di attenzione è il dato posto in rilievo dalla Corte, riferito all'anno 1998, secondo il quale le sentenze annullate dalla Corte Suprema di Cassazione sono state il 5-6% circa del totale delle decisioni.

I tempi di deposito dei provvedimenti, in linea di massima, sono rispettati .

In Corte di Appello il 6% delle sentenze è stato depositato oltre i 60 giorni

Da notare è il fatto che l'82% delle sentenze pubblicate nel periodo in esame riguardava procedimenti iscritti dopo il 1998.

Andamento del contenzioso attribuito al Giudice di Pace

Generalmente positivo è il giudizio espresso dai Presidenti dei Tribunali del Distretto sull'attività svolta dai Giudici di Pace. Qualche riserva è stata tuttavia espressa in ordine alla qualità , ritenuta non del tutto soddisfacente, considerate le frequenti proteste degli avvocati, talvolta formalizzate con esposti o ricorsi per ricusazione.

E' doveroso tuttavia precisare che nessuna domanda di ricusazione è stata accolta, in quanto i fatti denunciati consistevano in errori, in procedendo o in judicando, e non in situazioni compromettenti l'imparzialità del giudice.

Va tuttavia posto in rilievo il sensibile aumento delle pendenze relative alle cause di cognizione ordinaria: da 8.112 a 11.936 procedimenti, ed alle opposizioni a sanzioni amministrative: da 1.371 a 3.894 procedimenti ;

In sensibile diminuzione sono, invece, i procedimenti monitori: da 448 agli attuali 327.

Notevole il numero delle sentenze emesse in cause contumaciali. Nella quasi totalità dei casi sono state pubblicate entro il termine di 30 giorni dalle pronuncia.

Su 9.862 sentenze pubblicate, ben 8.543 riguardavano procedimenti iscritti nel 2000 e 2001.

La percentuale delle sentenze impugnate è stata del 3% circa. La maggior parte di esse risulta confermata o riformata in parte.

I Giudici di pace dei circondari di Genova e di Massa hanno pronunziato secondo equità sentenze pari al 15% circa del totale delle decisioni emesse. La percentuale è stata invece del 13% circa per le sentenze pronunciate dal Giudice di Pace di Carrara, del 25% circa per quelle pronunciate dal Giudice di Pace di Pontremoli, del 3% per le sentenze del Giudice di Pace di Aulla, del 19% circa per le sentenze pronunciate dal Giudice di Pace di La Spezia.

Quanto al funzionamento del Giudice unico in primo grado, i maggiori problemi si sono avuti a Genova, dato che solo nell'aprile 2001 sono state approvate la Tabella 1999 e quella relativa al biennio 2000-2001, con conseguente tardivo dimensionamento delle sezioni civili . Non sono emersi dalle relazioni dei Presidenti dei Tribunali altre situazioni di difficoltà paragonabili a quella relativa al capoluogo distrettuale.

Le cause pendenti davanti alle Sezioni-stralcio del Distretto sono scese, nel periodo in esame, da 16.023 a 12.085. Il dato generale è confortante, anche se l'arretrato rimane tuttora consistente.

In alcuni Uffici la riduzione delle pendenze è stata assai contenuta e si profilano seri problemi a seguito di prossime scoperture dell'organico.

Mancano, allo stato, elementi per determinare la percentuale dei provvedimenti impugnati.

Restano comunque deluse le aspettative di quanti ritenevano che i giudici onorari aggregati potessero riuscire a smaltire l'arretrato ad essi affidato.

Questioni in tema di rapporti tra diritto interno e diritto comunitario.

La Corte di Appello di Genova, in sede di interpretazione dell'art. 11 della legge 23 12.1998 n.448 (in materia di rimborso delle somme indebitamente versate a titolo di "tassa sulle società) ha proceduto alla disapplicazione della norma, in tale articolo contenuta, in tema di interessi dovuti sulle somme spettanti a titolo di rimborso, avendo ravvisato la contrarietà ai principi del diritto comunitario della disciplina singolare (e più sfavorevole) dettata dal legislatore nazionale per gli interessi relativi ai rimborsi di somme pagate per tale tributo di rilevanza comunitaria rispetto a rimborsi di somme pagate per tributi che tale rilevanza non hanno.

 

ASPETTI RILEVANTI DEL CONTENZIOSO CIVILE

a) Cause di lavoro e previdenziali.

Nel periodo in esame nei Tribunali del Distretto è lievemente aumentata, da 8.265 a 8.420, la pendenza complessiva delle cause di lavoro.

L'aumento è riferibile all'afflusso di cause in materia di pubblico impiego (soprattutto a Genova), per le quali la pendenza è salita da 145 a 601 cause, mentre per le altre cause di lavoro la pendenza è scesa da 8.120 a 7.819 cause.

Nello stesso periodo sono sensibilmente diminuite da 14.972 a 12.671 le cause in materia di previdenza ed assistenza.

Dal 2 gennaio 2000 presso la Corte di appello ha iniziato la sua attività la Quarta sezione alla quale è stata affidata questa specifica materia.

L'organico di tale sezione è stato inizialmente determinato in soli tre magistrati e quindi in misura del tutto insufficiente in relazione al gran numero di cause che ad essa affluiscono. Solo dal settembre 2001 ha preso possesso un quarto magistrato. In queste condizioni, nonostante la sezione abbia emesso nel periodo in esame ben 796 decisioni (pari al 45% circa del totale delle sentenze pronunziate dalla Corte), la pendenza è salita da 482 a 825 cause.

Le vertenze nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni per ora non sono frequenti, forse perché il filtro costituito dall'obbligo di previo esperimento del tentativo di conciliazione ritarda l'accesso al Giudice ordinario. In Corte, le udienze di previdenza vengono fissate a circa 4 mesi e quelle di lavoro a 7 mesi. Comunque viene riservata una "corsia preferenziale" alle cause in materia di trasferimento di lavoratori e di licenziamento, per la natura dell'interesse sotteso a tali vertenze.

b) Il Contenzioso in materia di locazione.

Con riferimento agli immobili adibiti ad uso abitativo, sono aumentate le pendenze riguardanti i procedimenti di rilascio per inadempimento del conduttore e per finita locazione e le altre controversie in materia locativa.

Con riferimento agli immobili adibiti ad uso non abitativo, le suddette pendenze sono, invece, diminuite.

Tra i provvedimenti di esecuzione, sono stati emessi 1.253 provvedimenti di rilascio di immobili urbani e ne sono stati attuati 506.

c) Le cause matrimoniali – separazioni personali e scioglimento dei matrimoni.

Sono diminuiti nel Distretto i procedimenti instaurati per la pronunzia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio; di questi ne sono stati definiti 2.497, rispetto ai 2.393 del periodo precedente.

Sono diminuite - da 795 a 1.674 - le pendenze relative a separazioni personali iscritte come consensuali; pressoché stazionario, invece, il numero dei procedimenti trasformati in consensuali.

Diminuite le pendenze relative a separazioni personali iscritte nel rito giudiziale, da 2.063 alle attuali 1.918; stazionario quelle relative a procedimenti provenienti dal rito consensuale.

d) Le procedure concorsuali.

Persiste e si accentua la fase decrescente delle dichiarazioni di fallimento.

Si è ridotto anche il numero dei procedimenti chiusi.

Rimangono, invece, assai numerose le procedure iniziate in data anteriore al 1.01.1997, verosimilmente per l'incidenza che sulla chiusura di esse ha la necessità di aspettare l'esito definitivo di controversie civili e tributarie.

e) Le impugnazioni di lodi arbitrali.

Il numero delle impugnazioni di lodi arbitrali è passato dalle 18 del periodo precedente alle attuali 22. Il numero non elevato in cifra assoluta, è però scarsamente significativo ai fini della valutazione dell'impegno che la trattazione di queste cause, effettuata nelle forme del rito di primo grado per le cause con riserva di collegialità, richiede alla Prima Sezione Civile della Corte. Si tratta quasi sempre di questioni (specie in tema di rapporti societari, di appalti privati e di lavori pubblici) tra le più complesse anche in fatto: e ciò rileva allorché - come assai spesso accade - il lodo è dichiarato nullo e la Corte deve esaminare nel merito ed istruire queste controversie. Quanto alla fase rescindente, poi, particolarmente delicato è l'esame dei motivi di nullità ,tenuto conto dei limiti propri del giudizio d'impugnazione, specie allorché - attraverso la denunzia della violazione delle norme sull'interpretazione dei contratti - si cerca in realtà di proporre censure di merito alla decisione arbitrale.

f) Problematiche e dati inerenti ai procedimenti di opposizione ai di espulsione degli stranieri extracomunitari e quota delle sentenze impugnate.

Dai dati disponibili al riguardo risulta che presso il Tribunale di Genova sono pervenuti 82 procedimenti, in esito ai quali vi sono state 33 pronunzie di reiezione e 45 di accoglimento (oltre a 2 sospensioni e 2 declaratorie di inammissibilità) Contro due decisioni è stato proposto ricorso per cassazione.

Un solo procedimento è pervenuto al Tribunale di San Remo.

Al Tribunale di Massa Carrara i procedimenti sono stati 23 e non vi sono state impugnazioni.

Presso il Tribunale di Imperia i procedimenti sono stati 39, con 19 pronunzie di rigetto e 17 di accoglimento.

g) Problematiche inerenti ai procedimenti di opposizione a sanzioni amministrative e quota delle sentenze impugnate.

Dai dati disponibili al riguardo risulta che presso il Tribunale di A)San Remo sono state depositate 120 sentenze quasi tutte relative a procedimenti introitati prima del 14.1.2000.

Presso il Tribunale di Imperia le opposizioni sono state veramente limitate.

Al Tribunale di Genova le opposizioni sono state 117 e di esse 55 sono state definite. Tre sentenze sono state impugnate con ricorso per cassazione.

Dinanzi al Tribunale di Massa Carrara le opposizioni sono state 23 e non vi sono state impugnazioni delle sentenze.

 

GIUSTIZIA MINORILE

Per quanto concerne le adozioni nazionali è sempre elevato il numero delle richieste (rectius offerte di disponibilità), rispetto al numero dei bambini adottabili.

I neonati non riconosciuti che possono essere collocati in famiglie in tempi brevissimi, sono in numero esiguo e, tra essi, alcuni presentano patologie anche serie.

La sproporzione tra le richieste di adozione ed i bambini adottabili, determina un giustificato forte scarto temporale tra il momento della domanda e quello dell'eventuale affidamento. Considerati i tempi di attesa, appare privo di giustificazione il termine di 120 giorni, imposto dall'art. 19, comma quarto, della legge 28 marzo 2001, n. 149, alle indagini sulle capacità genitoriali degli aspiranti genitori adottivi.

Altrettante perplessità suscita la normativa dell'art. 6 della stessa legge che, dopo avere innalzato i limiti di età per gli adottanti, introduce al n. 6 una eccezione che, di fatto, vanifica ogni limite.

Anche per quanto concerne le adozioni internazionali, i tempi brevi imposti per la dichiarazione di idoneità non sembrano tali da garantire una adeguata valutazione della coppia genitoriale, né una preparazione che consenta di affrontare con la dovuta consapevolezza i molti problemi di inserimento di bambini provenienti da altre realtà.

Nel corso del periodo in esame vi è stato un solo caso di revoca dell'affidamento preadottivo, relativo ad un ragazzo straniero "restituito".

Alcune adozioni di bambini grandicelli hanno dato luogo invece a molti problemi, da qui la necessità di valutare scrupolosamente gli aspiranti genitori, spesso del tutto impreparati alla prova cui li espone un bambino già portatore di un proprio pesante vissuto.

Nel settore della volontaria giurisdizione il contenzioso tra genitori conviventi per l'affidamento della prole è, spesso, estremamente aspro e l'impossibilità per il giudice Minorile di statuire in ordine agli alimenti per i figli naturali affidati, determina una grave disparità di trattamento tra questi ultimi ed i figli legittimi, acuisce le liti, dà luogo ad una duplicazione di attività processuali che le parti difficilmente comprendono.

Sono in aumento continuo le segnalazioni di condotte pregiudizievoli dei genitori, di maltrattamenti, di abusi sessuali.

Tali denunce creano gravi problemi sia per l'accertamento dei fatti, sia per il necessario, contestuale, coordinamento con le Procure, titolari dei procedimenti a carico degli adulti, quasi sempre i genitori abusanti.

In tema di adozione ed affidamento dei minori è assai impegnativo anche il lavoro della Corte d'Appello, davanti alla quale spesso si apre, per la prima volta, una complessa istruttoria. Ne consegue un pesante aggravamento degli oneri processuali del grado d'appello e talora vi è rischio di interferenza con le ulteriori iniziative gestionali del tribunale per i Minorenni.

In questa realtà sempre più complessa e complicata, siamo chiamati, Signor Presidente e Signori, ad assolvere un compito che diviene sempre più difficile.

L'amministrare giustizia compete istituzionalmente all'ordine giudiziario ma, è bene ribadirlo, agire secondo giustizia fa carico a ciascuno di noi e a tutte le Istituzioni proprio per evitare che la magistratura sia costretta a svolgere ruoli che non le appartengono, con dispendio di energie e di tempo indispensabili invece per assolvere i compiti suoi propri.

Per la parte che ci riguarda, la magistratura del Distretto , in perfetta sintonia con il carattere fermo e tenace di queste terre, anche in tempi difficili e particolarmente problematici ha sempre adempiuto ai propri doveri con impegno costante e senso di responsabilità, nel rigoroso rispetto delle proprie come delle altrui competenze.

Ed è proprio con il fermo proposito, anzi con la certezza di proseguire in questo nostro cammino che Le chiedo, Signor Presidente, di dichiarare aperto l'anno giudiziario 2002 per il Distretto della Corte di Appello di Genova.

 











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